V.S.P. – Pallavolo Settimo 3 – 0
La mitica squadra dell’U16F Bianca ha vinto. Ma come? Con il solito modo di vincere senza convincere, con quella precarietà che rende ogni vittoria una semi sconfitta e con un atteggiamento che “ ‘l modo ancor m’offende”. Ma cosa pretendo in un mondo dove la comunicazione tra giovani è malata, perché si svolge attraverso una macchinetta, dove chi riceve un messaggio finisce per leggere le identiche cose che egli stesso potrebbe tranquillamente scrivere, e chi scrive narra le stesse cose che potrebbe leggere inviate da chiunque? Il risultato è una comunicazione priva di valore informativo, che finisce per abolire la necessità e l’utilità della comunicazione. Tuttavia a questa macchinetta non si può rinunciare, perché lo scopo di questo tipo di comunicazione è il desiderio di costruirsi un nuovo IO, con la ricerca di una approvazione. Due cose che denunciano da un lato il non accettarsi, e dall’altro quella forma di insicurezza che si basa sull’approvazione degli altri, per essere riconosciuto come vorremmo essere e non lo si è. Il non accettarsi incomincia dal corpo, che si chiede, con interventi estetici, di poter modificare offrendolo sui social network, descrivendo una immagine che non risponde a quel che si è, ma a quel che si presume possa essere approvato dagli altri. Così ci si mette in mostra come i prodotti si mettono in vetrina. E senza volerlo, diventiamo una “mostra” che chiunque può visitare e che si può approvare o disapprovare, senza argomentare (non si può con 140 caratteri) , scrivendo semplicemente “mi piace” o “non mi piace”. Argomentare è difficile, perché per farlo bisogna saper pensare e parlare, mentre il nostro livello culturale permette di esprimerci con un linguaggio atrofico e impoverito proprio delle macchinette. La prova è che le invenzioni tecniche non sono solo “tecniche”, perché ogni tecnica comporta una modalità d’uso che plasma chi la usa, indipendentemente dall’uso che ne fa. I messaggi diffusi dai social hanno una vita breve che si consuma, per cui il tempo della riflessione e del pensiero si estingue in quel tempo breve della risposta emotiva non pensata. E se vogliamo considerare i danni fisici, c’è da constatare che i giovani d’oggi non sanno più vedere a distanza e ad percepire la prospettiva. Per cui la comunicazione individuale all’interno della squadra che permette la trasformazione nell’agire (punto o errore) è sempre in difficoltà perché il loro modo di parlare si ferma al “mi pace” o “non mi piace”, legate al “brava” se fai punto o “scarsa” se commetti un errore. E in tutto questo disorientamento le ragazze si sentono sole, perché non capiscono il loro limite che pensano sia sempre legato alla distanza che c’è tra i loro occhi e la macchinetta. Tutto il resto è una distanza che misura la loro esclusione dal reale.