Ecco le parole di Gerry, dopo la vittoria per 3 a 1 sul Lingotto nella terza di campionto.
"Il sentimento che provo davanti a questo foglio bianco è uguale a come mi sentivo vedendo le vostre facce la prima volta che vi ho incontrate. Eravate una tela da dipingere per farvi scoprire cosa c’è dietro lo specchio segreto dei vostri visi.
Se si vuole vivere a fondo ogni opportunità che la vita ti dà, la devi vivere con fatica e lottare per essa perché nessuno ti regala niente. E la fatica ha il sapore della sfida che ti porta a raggiungere un desiderio che fino a quel momento non sapevi neanche tu di avere. E questo non è facile da capire e da attuare perché non conosciamo cosa vogliamo veramente e a che cosa dobbiamo rinunciare per raggiungere quel desiderio. Esso è così celato nel nostro abisso che facciamo fatica a scoprirlo, se non lo confrontiamo in uno scontro che ci fa ragionare sulle nostre paure e che ci fa nascere la voglia di lottare per esse. In questo cammino puoi trovare delle compagne di viaggio che non ti fanno sentire sola, non solo perché fate la stessa strada, ma perché senti in loro la stessa carica di sentimento e di voglia di lottare per quel desiderio che provi anche tu. Volersi bene e condividere la fatica non è vergogna di far capire i propri sentimenti ma il coraggio di scoprirsi vulnerabile e forte nello stesso tempo. Forti perché sentite che qualcuno e lì che vi ascolta e partecipa alle vostre vittorie o sconfitte.
Ora siamo in cammino ed il percorso, come ben vedete, è pieno di ostacoli che allontanano la visione del desiderio che è sempre più nascosto, che ci fa sembrare la nostra quotidiana fatica una sequenza di azioni senza significato: studiare, capire, organizzare il nostro tempo, partecipare agli allenamenti, faticare per domare quel maledetto attrezzo ovale che non fa mai quello che noi vogliamo, condividere uno spazio ristretto di 82m2 con altre 11 sconosciute, confrontarmi con persone che vogliono le stesse cose che voglio io ma in modo diverso, prestare attenzione ad un adulto che mi impone una disciplina che non capisco perché dovrei applicare… una fatica che alla fine ti fa dire: ma chi me lo fa fare?
Provate a buttare tutto questo via: via allenamenti, via fatiche, via strilli pianti incazzature (scusate il francesismo), via il puzzo dello spogliatoio, la borsa con la tuta (anche questa da unirsi allo stesso profumo dell’indicazione precedente), il fermarsi davanti alla soglia di casa con la certezza di aver dimenticato qualcosa per l’allenamento, la corsa per prendere il pullman, il nastro sulle dita, la domanda che ti fanno a casa:” come è andato l’allenamento…?”, il confronto con la tua compagna di scuola che gioca in un altra squadra (brucia di più se è più forte della tua), il riso o il pianto per un’azione vinta o persa, lo scatto in piedi per un’ingiustizia arbitrale, il tornare a casa dopo l’allenamento con il libro di matematica latino storia greco che ti aspetta, la doccia a casa dopo le fatiche in palestra (sperando che sia fatta a fondo) e il giorno dopo ricominciare da capo.
Se queste assenze non ti fanno più nostalgia allora non sei mai stata in palestra ad allenarti ma eri nel tuo mondo a sognare i tuoi desideri. Ma, dato che sono molto nascosti e sconosciuti, quando arriveranno? Non è che state aspettando Godot? (se non lo conoscete c’è Wikipedia che ve lo svelerà). Tutte queste piccolezze sono il sale del vostro quotidiano faticare per arrivare al fondo del vostro cercare. Alla fine sarete quello che sarete. Ma se vi guardate bene davanti allo specchio saprete riconoscervi in una figura molto più forte e bella.
Tutto questo non è per tutte ma è per quelle che vogliono conoscere cosa c’è oltre la fatica, oltre la noiosa ripetizione quotidiana delle cose, oltre il vizio di non prendersi le più piccole responsabilità. Ma dato che fino adesso con alti e bassi il vizio strano dello stare dentro una palestra non vi è ancora morto, questo mortifero spreco di inchiostro lo dedico a tutte voi che oggi avete visto le vostre fatiche avere un significato. Avete avuto la forza di resistere alla tensione venutasi a creare per fattori esterni (vedi arbitro) e siete andate tutte nella stessa direzione. E’ un piccolo passo verso la conoscenza del vostro profondo desiderio.
Per i posteri che incolpevolmente erano assenti in questo prova di vita la partita è stata orgogliosamente vinta per 3 a 1. Il racconto di questa incommensurabile incontro parte da una premessa moto particolare: venerdì non abbiamo fatto un allenamento fisico ma ci siamo allenate in un confronto molto duro e profondo sulle tematiche sopra citate. Siamo stati atroci nel buttarci in faccia le nostre opinioni ed ognuno ha raccolto il guanto della sfida che questa squadra butta nel campo di gara.
Ognuno farà i conti con se stesso e si confronterà con il famoso specchio. Ma il tempo è tiranno: l’arbitro fischia e siamo li di fronte alle nostre paure. Infatti cominciamo male: riceviamo male le battute forti e lunghe delle avversari e il nostro gioco ne risente. Siamo un po’ nervose e non capiamo quale contromossa dobbiamo adottare. Un po’ alla volta aggiustiamo il tiro sulla battuta e le nostre attaccanti incominciano ad essere servite con più precisione e lentamente risaliamo la china fino alla parità che portiamo fino ai vantaggi. La tensione fa brutti scherzi e buttiamo al vento tante opportunità per chiudere il set che riusciamo a portare a casa con bravura su un nostro attacco. Il secondo set è in discesa ma come al solito non avendo continuità sbagliamo per troppa sicurezza. Ma il parziale è nostro perché riusciamo a mantenere un vantaggio salutare fino alla conclusione del secondo set. Ora arriva il difficile nel terzo set. Perché si quantifica nella partita la presenza minacciosa dell’arbitro nel valutare in modo completamente sballato anche la più piccola situazioni di gioco, facendo infuriare tutti gli attori di questa pur semplice disfida. Mi viene in soccorso il mio francesismo, ma da ora in poi tutti i presenti negli 82m2 sono imbufaliti verso un unico obiettivo: l’arbitro. Il mal capitato non ha fatto molto per stemperare le sue decisioni sballate favorendo la compagine avversaria più capace a buttare al diavolo le paure e giocare con più decisione. Noi, ed io più di tutti, non siamo stati capaci di toglierci da dosso la tensione. Nonostante i cambi che hanno portato un po’ di linfa vitale nel gioco il set è così inevitabilmente caduto in mano alle agguerrite e brave avversarie. Tutto sembra compromesso ma qui entra in scena la determinazione di chi vuole ottenere ciò che sente suo. E non fa sconti a nessuno. Si entra, si gioca, si gioca bene, si sbaglia, si sbaglia meglio e la paura si va farsi fottere (mannaggia al mio francesismo). Vincere così gasa, mette linfa ai nostri desideri, che adesso sanno con chi hanno a che fare.
Mensionare qualcuno: tutte ma soprattutto la panchina che ha sopportato la frustrazione di non essere in campo a dare una mano. Invece eravate proprio li in campo dietro ogni compagna con la vostra spinta agonistica e la vostra forza: Brave."
JERRI 3/11/2014